Come vivere da editori, come soffrire da aspiranti autori
Relatori: Diego Guida, Amministratore Delegato della casa editrice Guida Editori e Presidente del Gruppo Piccoli Editori dell’AIE (Associazione Italiana Editori) ed Elisabetta Darida, responsabile ufficio stampa di grandi realtà dell’educazione universitaria e della consulenza, ora autrice.
Sintesi a cura di Mirka Daniela Giacoletto Papas
In Italia si scrive molto, si legge poco e si comprano pochi libri. Ma si pubblica anche molto, come ha evidenziato Diego Guida: infatti, sono circa 120 i titoli pubblicati quotidianamente! Con un mercato editoriale che vede la parte del leone in capo alle grandi case editrici o gruppi editoriali, allorquando i piccoli editori rappresentano, in termini numerici, la grande maggioranza del settore.
Un quadro che rende la vita degli editori – e degli scrittori – non facile, dal momento che circa il 60% della popolazione dichiara di non leggere nemmeno un libro all’anno! Nel mondo di coloro che leggono, poi – composto prevalentemente da donne – i lettori cosiddetti forti, ovvero coloro che leggono 12 libri o più all’anno, si fermano intorno al 15%.
Eppure, nonostante un quadro sfavorevole, lo spazio c’è. Addirittura, ha sottolineato Diego Guida, durante la pandemia, malgrado le librerie chiuse per un lungo periodo, ci sono state iniziative editoriali di successo, facilitate forse dalla maggior permanenza a casa delle persone. Come anche trovano successo alcune iniziative editoriali veicolate attraverso partnership con testate giornalistiche e diffuse nelle edicole.
Certamente, effettuare buone scelte quanto ai libri da pubblicare è un elemento determinante: scoprire lo scrittore “giusto”, con uno scritto che abbia le qualità per avere successo, è un aspetto importante. Con un alto margine di aleatorietà - perché la scelta non è scientifica, ma affidata al fattore umano - come più volte dimostrato da casi eclatanti del passato: Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, rifiutato da Einaudi e Mondadori perché ritenuto non interessante (la stroncatura arrivò nientemeno che da Elio Vittorini), e poi pubblicato da Feltrinelli, con il successo che sappiamo.
O ancora Moravia, che per farsi conoscere nel 1929 pubblicò Gli Indifferenti a proprie spese.
Esiste poi anche il rischio opposto, ha fatto notare Mirka Daniela Giacoletto Papas - socia Rotary, Presidente di EGEA, casa editrice dell’Università Bocconi e già Presidente dell’AIE – ovvero di investimenti significativi su un autore o un libro che poi si rivelano grandi insuccessi.
Alla domanda, da parte di uno dei partecipanti, su come si sceglie un libro da pubblicare e chi effettua la scelta, Diego Guida ha spiegato che le case editrici possono contare su figure di “lettori professionali”, che hanno il compito di selezionare – tra i numerosi manoscritti che le case editrici ricevono – quelli che presentano maggior interesse. Con, sempre in agguato, l’errore di lasciarsi sfuggire un autore che avrà successo (come Tomasi di Lampedusa e altri), o al contrario di puntare su un autore il cui successo non risponderà alle aspettative. Con le conseguenze economiche che questo comporta, perché ogni flop ha un impatto economico molto significativo sulle case editrici.
Di certo, ha sottolineato Guida, nelle piccole case editrici esiste una forte attenzione al cosiddetto scouting, ovvero la ricerca di autori interessanti. Perché se da un lato le piccole case editrici hanno una minor potenza di fuoco in termini di risorse economiche e di personale, hanno però una maggior propensione all’ascolto e un rapporto meno mediato con l’autore, la contropartita è che, quasi sempre, dopo aver esordito con una piccola casa, gli scrittori vengono successivamente attratti dalle case editrici maggiori. Al piccolo editore resta la soddisfazione di aver avuto lungimiranza e di aver fatto conoscere un autore valido.
Ma rimane un settore difficile, soprattutto per una mancanza all’educazione alla lettura. Un problema cui si sta cercando di porre una soluzione attraverso il CEPELL (Centro per il Libro e la Lettura), creato dal Ministero della Cultura per promuovere politiche di diffusione del libro e della lettura, con iniziative che vedono coinvolte anche le scuole.
Elisabetta Darida, autrice di Intolleranze Elementari, pubblicato da una piccola casa editrice (L’Erudita) e tra i 74 libri proposti per il Premio Strega 2022, ha raccontato la sua esperienza, che l’ha vista passare da responsabile dell’ufficio stampa di grandi realtà – come l’Università Bocconi e Accenture – a scrittrice. La scrittura nasce da un’urgenza di raccontare e raccontarsi, ha detto, il più delle volte è la storia di un disagio, una sorta di terapia psicanalitica.
Ed è faticosa, la vita dello scrittore, perché – almeno in fase di esordio – perché incombe l’affannosa ricerca di una casa editrice che voglia pubblicare il manoscritto. E se Intolleranze Elementari ha avuto uno sbocco facile sul mercato dell’editoria proprio grazie al contatto allacciato con una piccola realtà del settore, con la quale è stato avviato un dialogo proficuo, altrettanto non è accaduto per un precedente romanzo, rifiutato da tutte le case editrici cui era stato inviato.
Anche se, ha ammesso Elisabetta Darida, con il senno di poi devo riconoscere che il testo necessitava di un intervento da parte di un editor, che non c’è stato (gli editor sono, in seno alle case editrici, quelle figure professionali che hanno il compito di aiutare l’autore consigliandolo su rimaneggiamenti necessari e interventi anche strutturali per rendere il testo “perfetto”).
Un altro elemento di stress per gli autori, ha sottolineato Elisabetta Darida, è l’aleatorietà della risposta: visto l’elevato numero di manoscritti che ricevono, le case editrici forniscono un ritorno in tre mesi nel migliore dei casi, più sovente in sei, o addirittura mai, riservandosi di contattare l’autore solo in caso di effettivo interesse. Il che lascia l’autore nella scomoda sospensione di non sapere se il non-contatto sia legato a una lettura non ancora effettuata, o a un giudizio negativo.