Luca Silvioli, classe 1992, dopo il dottorato all'Università di Copenhagen, entra in Seaborg Technology, una startup nella quale si progettano reattori nucleari di IV generazione e diventa team leader del team di progettazione.
 
 
Sintesi a cura di Tiziana Orsini
 
 
 
Per combattere il cambiamento climatico occorrono fonti energetiche stabili, sicure e ad alta densità energetica e anche se si è ottenuto qualche miglioramento dalle fonti rinnovabili rimane comunque uno zoccolo duro dato da fonti fossili come carbone, petrolio e gas naturale; una fonte come il nucleare risponde alle caratteristiche di cui sopra.
 
2077 pale eoliche  (nell'immagine)   producono la stessa energia di una centrale nucleare intorno al Gigawatt/ore in un anno.
Il ciclo di vita di una pala eolica - grande quanto la Statua della libertà - è di circa 20 anni.
 
Le fonti eoliche analogamente al fotovoltaico sono fonti cosiddette “intermittenti” in quanto soggette alla presenza di elementi quali il vento e il sole il che implica un fattore di capacità di circa il 20% contro l’80, 90% del nucleare.
Continuando nel raffronto se consideriamo la “densità energetica”, una pallina di uranio delle dimensioni di una falangina di un dito produce la stessa energia di una t di carbone o di 500 l di petrolio o di 500 m3 di gas naturale.
E’dunque molto interessante affrontare il tema del nucleare nel contesto della transizione energetica verso sistemi sostenibili e ad impatto ambientale ridotto.
Oggi si potrebbe parafrasare il celebre discorso del presidente degli Stati Uniti Eisenhower, pronunciato l'8 dicembre 1953 all’assemblea generale delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dell’energia nucleare - "Atomi per la pace" con “Atomi per il pulito” in quanto la sfida di oggi è fermare il cambiamento climatico.
 
 
La presenza del nucleare nel mondo va da un 2% della Cina (potente utilizzatore di energia fossile) ad una media del 20% di USA, Canada e Russia fino a dei picchi molto interessanti come la Francia per la quale il 73% del fabbisogno energetico è coperto dal nucleare.
 
 
Per il futuro i paesi con economie più solide si stanno impegnando nella produzione di nuovi reattori nucleari con l’eccezione di Italia, Germania e pochi altri in Europa, nonostante il nucleare sia una forma di energia assolutamente pulita superando anche le fonti rinnovabili quali solare, geotermico, eolico e idroelettrico.
 
 
La produzione di energia tramite il nucleare è anche una delle più economiche.
Per avere un confronto corretto tra le diverse fonti occorre considerare il levelized cost of energy (LCOE)” cioè il costo al netto di vari fattori come ad esempio i costi nascosti relativi all’eolico (deforestazione necessaria alla costruzione delle pale) o al solare (grossi investimenti necessari per ammodernare le reti di distribuzione elettrica).
L’’Italia anche incentivando al massimo le fonti rinnovabili non sarebbe in grado di rinunciare alle fonti convenzionali, anzi dovrebbe aumentarle per far fronte al maggior bilanciamento richiesto dalle fonti intermittenti per rispondere ai picchi di domanda senza sovraccaricare la rete.
In merito alle altre fonti come il carbone, considerate le più economiche, anche in questo caso i danni ambientali e umani provocati dall’utilizzo di queste sostanze incidono pesantemente sui costi.
 
Ma il fattore determinante, secondo il relatore, è sicuramente quello della sicurezza energetica,  una vera emergenza che, a seguito dei recenti eventi geopolitici, ha trovato l’Italia in una posizione di estrema difficoltà a differenza della Francia la cui indipendenza energetica è garantita proprio dalla presenza dell’energia nucleare.
Inoltre occorre tenere presente che, al contrario di altri combustibili fossili, l’uranio si trova in diversi paesi del mondo: infatti un quarto delle riserve mondiali di uranio sono in Australia, e notevoli quantità si trovano in Canada, USA e America del Sud.
E’ possibile dunque crescere economicamente senza inquinare troppo?
 
La risposta è sì: il caso francese dimostra che a fronte di uno sviluppo economico simile al nostro hanno utilizzato e utilizzano energia pulita.
Con lo spegnimento dell’ultimo dei 4 reattori nel 1990, la nostra dipendenza dai combustibili fossili ci ha portato ad essere il secondo paese al mondo per importazioni nette di elettricità (il 6% deriva dal nucleare francese) e di conseguenza paghiamo l’energia per uso domestico e industriale ben al di sopra della media europea senza peraltro nessuna garanzia di sicurezza energetica. Con il referendum del 2011 l’Italia ha confermato la volontà di non utilizzare il nucleare.
 
 
Da quando esiste il nucleare (i reattori di prima generazione datano 1950) questo si è dimostrato una delle fonti energetiche più sicure: ci sono stati in questi anni solo tre incidenti significativi.
Ad oggi i reattori in funzione appartengono alla terza generazione ma senza significative innovazioni tecnologiche. Tutti gli investimenti su questa tecnologia, che è fondamentalmente instabile, sono indirizzati al controllo e alla sicurezza del nocciolo dove si produce la fissione con costi sono molto elevati.
Per ottenere una economia di scala, si costruiscono impianti molto grandi ma, maggiore è la dimensione dell’impianto, maggiore deve essere la sicurezza con conseguente aumento dei costi.
Si viene pertanto a creare un circolo vizioso per cui i reattori convenzionali non hanno più molta ragione d’essere: oggi si studiano reattori molto più avanzati tecnologicamente e molto più sicuri.
 
Un nuovo paradigma
  • una sicurezza non più ingegneristica, ma suffragata dalle leggi della chimica e della fisica;
  • un approccio molto pragmatico in termini di licenza e approvazione dei progetti;
  • una standardizzazione del design dei reattori che consenta di utilizzare catene di produzione globali
  • l’innovazione tecnologica per ottenere maggiore sicurezza senza complicati processi ingegneristici;
  • la creazione di reattori di ridotte dimensioni con una migliore adattabilità alle esigenze del mercato;
  • la  modularità con la possibilità di mettere in serie diversi reattori
e non ultimo un focus sulla “non proliferazione” che renda praticamente impossibile a CHIUNQUE di estrarre materiale fissile per creare bombe sporche o ordigni nucleari.
 
Il sale fuso è una roccia solida a temperatura ambiente che passa allo stato liquido a 400-500°: ha una viscosità molto bassa (molto simile all’acqua) ed è n grado quindi di circolare con delle pompe dentro e fuori il nocciolo consentendo così il prodursi della fissione nucleare.
Il sale fuso contiene uranio ed è un ottimo solvente: nel progredire della reazione a catena si producono energia e scorie le quali però restano all’interno del sale fuso che, come detto in precedenza, è un ottimo solvente.
 
 
La fase liquida del combustibile permette di estrarre non solo i prodotti della fissione, ma anche di separarli fra loro, ricavandone prodotti potenzialmente utili per essere raccolti e venduti.
Se il reattore dovesse subire qualche incidente per un evento esterno, anche nel caso in cui il reattore fosse aperto e il combustibile esposto, essendo questo in forma liquida, tutto il materiale radioattivo rimarrebbe all’interno del sale fuso.
In caso di fuoriuscita, la caratteristica intrinseca di questo materiale non consente la continuazione della reazione a catena.
Il sale fuso progressivamente ritorna allo stato solido trattenendo al suo interno le scorie.
Risulta chiaro che un eventuale incidente non avrebbe più un impatto sulla salute pubblica ma resterebbe confinato nel perimetro del sito dell’impianto.
Da ultimo con un sistema completo di riciclo, i rifiuti sono principalmente prodotti di fissione la maggior parte dei quali ha un tempo di dimezzamento breve (circa 300 anni invece di decine di migliaia).
Contrariamente a quanto si può pensare, questo tipo di reattore non è nuovo; già negli anni 60, a livello prototipale, negli USA, produceva energia circa 8 MWt, dimostrando quindi la fattibilità della tecnologia e la proprietà che la rende in grado di bruciare le scorie radioattive ricavandone quindi ulteriore energia.
Il programma allora venne interrotto più per considerazioni militari e geopolitiche che tecnologiche, tra le altre, il fatto che non fosse possibile ricavare il plutonio dalle scorie che venivano bruciate (elemento necessario per la costruzione delle bombe nucleari).
 
  • Le pressioni sul reattore sono molto basse (stessa pressione della canna dell’acqua del giardino);
  • le scorie radioattive si possono bruciare;
  • In caso di incidente la radioattività non viene dispersa nell’ambiente;
  • I rifiuti radioattivi, che pure ci sono, hanno un tempo di decadenza ridotta a secoli invece che a millenni;
  • non ultimo il fatto che non è possibile da questa tecnologia produrre ordigni nucleari.
Dal punto di vista economico
  • Il design compatto riduce i costi di manutenzione;
  • la produzione in serie consente un ridotto investimento iniziale;
  • per le sue piccole dimensioni si adatta molto bene alle esigenze del mercato anche di quelli in via di sviluppo;
  • assolutamente compatibile con le attuali griglie elettriche;
  •  molto competitivo in quanto, a parità di uranio utilizzato, ha una resa energetica da 100 a 300 volte superiore rispetto al nucleare tradizionale
 
Le sfide
 
 
 
  • L'’opinione pubblica e la percezione del rischio hanno rallentato lo sviluppo di queste tecnologie più avanzate;
  • l’operabilità della tecnologia è stata dimostrata, ma solo parzialmente;
  • il  licensing prevede ancora un iter piuttosto lungo e incerto;
  •  le tecnologie che riguardano i materiali e i processi chimici all’interno del reattore sono da affinare;
  • servono ulteriori sviluppi sulle supply chain (pompe, scambiatori di calore, sensoristica);
  • la validità economica al momento è dimostrata a livello prototipale;
  • da ultimo il riciclo delle scorie anche se possono essere  più facilmente divise nelle varie componenti e questo consente di ridurre il numero di scorie che devono essere stoccate per centinaia di anni.
Entro pochi anni si passerà dalla fase prototipale a quella produttiva.
Si può dunque affermare che la tecnologia a sale fuso è una delle più sicure e sulla quale continuano interessanti investimenti in ricerca e sviluppo: occorrerà anche superare le resistenze delle grandi lobbies delle rinnovabili che percepiscono questa tecnologia come un competitor.