La Francia post-rivoluzionaria diede il via ad una serie di spedizioni armate in Europa per diffondere le nuove idee. Un esercito comandato da un giovane generale corso, Napoleone Bonaparte, scese in Italia e dopo una serie di vittorie lampo contro gli austriaci, entrò in Milano il 15 maggio 1796 accolto con entusiasmo dalla popolazione infiammata dalle sue parole.
Di seguito uno stralcio del primo discorso che egli pronunciò dopo il suo ingresso nella città:
“ognuno potrà riconoscere il suo Dio, praticare il culto che la sua propria coscienza gli ispira, senza timore di vedersi non rispettato. …..solo il merito sarà la linea di demarcazione fra gli uomini, tutti uniti da uno stesso spirito di fraternità, di uguaglianza, di libertà. Ognuno fruirà delle sue proprietà......."
Milano diventa presto la capitale della Repubblica Transpadana (1796 – 1797) e della Repubblica Cisalpina (1797 – 1802), chiaramente ispirate al modello francese del 1790.
IL 26 gennaio 1802 viene proclamata la Repubblica Italiana con Napoleone Bonaparte presidente (1802 – 1805) al quale viene donata la Villa Belgiojoso in via Palestro.
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Sede del Governo è Palazzo Reale, che Napoleone fa risistemare nella struttura e negli arredi: legni laccati e chiari; fregi dorati e azzurri; damasco azzurro alle pareti.
Qui risiederà tutta la famiglia: le sorelle Elisa e Paolina, la “Signora Madre”, la moglie Giuseppina e il figlio di lei Eugène Beauharnais (quest'ultimo, diventato viceré, sceglierà come propria residenza la Villa di via Palestro).
Il 17 marzo 1805 viene proclamato il Regno d’Italia: Napoleone si incorona re d’Italia nel Duomo di Milano ponendosi egli stesso in capo la Corona ferrea.
ll corteo cominciò a sfilare con gli Onori di Carlo Magno: la corona, lo scettro, la mano della giustizia, la spada. Napoleone Bonaparte, in Gran costume da Re d'Italia, reggeva lo scettro e la mano della giustizia; sul capo aveva la corona imperiale e sulle spalle il manto regio di velluto verde.
Per questa occasione venne completata la facciata della Cattedrale ad opera dell’architetto Carlo Amati di Monza.
Questa guglia è posizionata in corrispondenza della terrazza centrale verso il lato Sud.
Sulla cima della guglia c’è la statua che rappresenta San Napoleone scolpita nel 1811 da Giuseppe Fabbris.
Il “San Napoleone” appartiene alla storia politica piuttosto che all’agiografia dei santi.
In realtà un San Napoleone non è mai esistito; il vero martire era “ San Neopolo di Alessandria” e fu proprio l’assonanza di questo nome ad indurre il papa a farlo “rinascere” proprio il 15 Agosto genetliaco dell’imperatore.
Napoleone manterrà il titolo di imperatore fino al 1814, data del ritorno di Milano e della Lombardia sotto l'autorità dell’impero austriaco.
Breve ma decisamente intensa, la stagione napoleonica a Milano occupa meno di vent’anni fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. E' un ventennio di “grandeur” che lascia tracce importanti nella città, elevata dall’ambizione di Napoleone al rango di Capitale del Regno Italico.
Nel corso del suo pur breve dominio, la città mutò aspetto: si estese il costume di mettere i vetri alle finestre invece che la carta; si sviluppò la pavimentazione delle strade che vennero anche illuminate con lampade a petrolio; le vie furono allargate e si piantumarono alberi (si devono a Napoleone i tanti platani presenti a Milano).
A lui si deve anche l’apertura della Pinacoteca di Brera, museo pensato come una sorta di gemello di quello parigino, il Louvre. La grande statua celebrativa di Napoleone, opera di Antonio Canova, è tuttora visibile nell'elegante cortile del Palazzo.
Il progetto di Foro Bonaparte
Ma soprattutto Napoleone si concentrò sul Castello, prima visconteo, poi sforzesco, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto costituire il cuore amministrativo di Milano ed assumere una veste neoclassica tutta nuova con un giro di edifici pubblici attorno ad una piazza immensa, culminante con l’Arco della Pace e con quel viale, proprio in direzione di Parigi, che avrebbe dovuto emulare gli Champs Elysées.
Né l’Arco né la trasformazione del Castello furono completati, ma la grandezza e la forza di quel progetto rimase nel tempo fino a quando, quasi cento anni dopo, vide la luce l'attuale Foro Bonaparte.
Il progetto originario (di Giovanni Antonio Antolini), non venne realizzato e fu sostituito dal più modesto (e meno dispendioso) progetto di Luigi Canonica.
Il nuovo piano si svilupperà da una parte verso la strada del Sempione, quella che porta in Francia, con l’Arco della Pace; dall’altra, verso Venezia e la villa di Monza, con la trasformazione di corso Venezia nell’arteria principale della città, costeggiata da palazzi monumentali e ideale per il passeggio di pedoni e il passaggio di carrozze.
La carica innovativa della visione napoleonica in campo architettonico si manifesta nel fatto di aver attribuito ai servizi amministrativi e alla dimensione civile una monumentalità eroica rappresentata dalle forme classicheggianti.
Una menzione speciale merita il progetto dell’Arena affidato da Napoleone all'architetto Canonica.
L'Arena fu concepita in forma di anfiteatro per richiamare l’Impero Romano. Canonica si ispirò al circo di Massenzio a Roma e progettò uno spazio che avrebbe potuto contenere fino a 30.000 spettatori, ossia un quarto della popolazione di Milano dell’epoca.
L’opera fu completata in soli due anni e venne inaugurata il 17 dicembre del 1807 alla presenza di Napoleone in visita a Milano per festeggiare la nascita del figlio. Si svolse una grande battaglia navale, perché l’Arena poteva essere riempita d’acqua grazie al torrente Nirone che scorreva nei pressi e ciò consentiva di mettere in scena spettacoli con le barche, le cosiddette “naumachie”. Le cronache narrano che il giorno dell’inaugurazione ci furono almeno 18 mila persone assiepate sulle tribune. L’Arena ospitò anche manifestazioni teatrali, corse di cavalli e di bighe, giochi pirotecnici.
Sempre a Napoleone si deve il Conservatorio di musica, istituito nel 1807 e inaugurato l'anno seguente dal viceré Eugenio Beauharnais, che per l'occasione emise il Primo Regolamento e concesse a 18 studentesse e studenti meritevoli, di accedere agli studi a spese del Governo.
La motivazione principale per la creazione di un Conservatorio di musica è da ricercare nelle cattive condizioni in cui versava il teatro d'opera italiano in quegli anni: l'opera italiana, infatti, era stata soppiantata da quella d'oltralpe (basti ricordare l'influsso di compositori come Gluck e Mozart).
È il conte Grianty (Carlo Brentano Grianta) direttore generale dei regi teatri e degli spettacoli, a comprendere come la creazione di una scuola musicale avrebbe potuto rappresentare una delle soluzioni al problema.
Il progetto prevedeva l'accoglienza all'interno del chiostro della Chiesa di Santa Maria della Passione di 36 studenti (24 maschi e 12 femmine), per un periodo di formazione di dieci anni. Il Conservatorio, dal punto di vista del funzionamento interno, si ispirava a quello dell'orfanotrofio di San Pietro in Gessate (Grianty lo definiva "luogo pio"). E in effetti il termine "conservatorio", nella lingua italiana dell'epoca, era sinonimo di "orfanotrofio".
Molti gli interventi urbanistici del periodo napoleonico a Milano, non tutti qui ricordati: alcune delle idee iniziate e poi accantonate vennero riprese poi con l’unità d’Italia.