Paesi, culture e diritti: parliamone con le donne

Relatrici: Farian Sabahi – Elisa Bianchi – Rosella Prezzo 
 
Saggiste e docenti
 
Stralci della relazione a cura di Anna M Goppion
 
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Farian Sabahi, madre di origine multietnica e padre iraniano, studi in Europa, autrice tra l’altro del libro Noi donne di Teheran, si occupa in particolare della condizione delle donne in quel Paese. Dal febbraio 1979, con l’ascesa dell’Ayatollah Khomeini, divenuto Repubblica islamica e intriso di imposizioni e divieti che spesso sfociano in violente repressioni; ma anche società istruita e colta, contraddistinta da impegno civile e abitata da donne che studiano – due terzi delle matricole universitarie sono di genere femminile – e occupano posti importanti nel settore pubblico e negli ospedali. Paradossalmente, grazie al velo obbligatorio, i mezzi di trasporto, le Università, gli uffici hanno spazi riservati solo alle donne e questo consente loro di muoversi e agire in un ambiente sospeso tra Oriente e Occidente.
 
 
Shirin Ebadi, giudice poi costretta a lasciare l’incarico per svolgere solo la professione di avvocato, è stata la prima musulmana a ricevere il Nobel per la Pace nel 1979.
 
 
Narges Mohammadi, l'attivista iraniana per i diritti umani detenuta nella prigione di Evin, a Teheran ha ricevuto il premio Nobel per la pace 2023.
 
 
Maryam Mirzakhani è non solo il primo cittadino iraniano ad aggiudicarsi la Medaglia Fields (il premio che viene considerato il Nobel dei matematici) ma, e forse più importante, è la prima donna a vincere questo importantissimo riconoscimento.
 
 
 Forte è stata la partecipazione femminile alle recenti elezioni, e chissà da quante donne provenivano le schede bianche o nulle trovate nelle urne.
“Cambiare il sistema senza stravolgere il nostro credo di musulmane” è l’orizzonte condiviso da Farian Sabahi e Shirin Ebadi e da tante altre donne iraniane, che con forza e coraggio cercano di abbattere la prigione in cui vivono.
 
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Elisa Bianchi, già docente di Geografia Umana e della Popolazione alla Statale e dal 2015 Presidente dell’Associazione Italiana Amici dell’Università di Gerusalemme, sottolinea le molte differenze che la figura della donna assume nel mondo ebraico rispetto a quello cristiano.
Dio non si può nominare né ritrarre, nella religione ebraica, non è quindi detto che sia di sesso maschile; anzi, in molti Commentari ha connotazioni femminili.
Ma, al di là di questo, è la religione che si tramanda per linea femminile e questo nei secoli ha consentito alle donne un ruolo centrale nella famiglia e la responsabilità dell’educazione dei figli; educazione che è un aspetto fondamentale e obbligatorio nel mondo ebraico, a differenza degli altri.
Fin dall’antichità le donne sono state giudici, profetesse, regine; hanno avuto il potere di gestire la propria dote, gli affari del marito, essere soggetti attivi.
 
   
 
Nel libro Donne ebree protagoniste sono narrate straordinarie figure femminili a cavallo tra 1800 e 1900 quali Anna Kuliscioff e Amelia Rosselli tra le altre, che con il loro impegno e il lavoro svolto in seno alle classi svantaggiate, hanno anticipato attualissime tematiche di genere.
Non appare casuale, quindi, la loro estrazione israelitica.
 
  
 
Rosella Prezzo, filosofa – come ama definirsi – ma anche saggista e a lungo redattrice della rivista filosofica aut aut e di Lapis. Percorsi della riflessione femminile, ha avuto il ruolo di raccontare la donna occidentale.
Il suo libro più recente è Trame di nascita - Tra miti, filosofie, immagini e racconti, in cui rovescia il paradigma tra “mettere al mondo” e “venire al mondo” e ripercorre la storia e il pensiero che ha accompagnato nei secoli il tema della nascita e la mitizzazione della maternità, da sempre funzionale al sistema patriarcale.
“La nascita è l’unica esperienza che tutti gli esseri umani necessariamente condividono, ma ha perso la sua aura, il suo significato simbolico”, scrive Rosella Prezzo, convinta che la Gpa ci costringa a riflettere non solo su come si nasce e sulle tante variabili della nascita, ma soprattutto sul suo valore.
“La nascita è un evento a doppia faccia, riguarda la madre, il suo ‘umile potere creatore’ e il ‘figlio gettato nel mondo, come diceva Heidegger.
Riguarda tutte e tutti e quel venire al mondo definisce l’essenza dell’essere umano
La finitudine umana, l’esperienza-limite, non è più la morte che condanna alla propria fine, come abbiamo pensato per secoli, ma -come dicono Hannah Arendt e Maria Zambrano- è la nascita, la vita, che promette la possibilità di un inizio.
Perché il comune venire al mondo è la matrice relazionale dell’umano, chi nasce non occupa un posto, ma apre un varco nel mondo, pieno di possibilità. Dovremmo definirci ‘comuni natali, non ‘comuni mortali’”!
Ho sentito l’urgenza di scriverne, continua Rossella Prezzo, perché oggi ci sta sfuggendo proprio questa essenza dell’umano.