Connessioni materiali: il metodo OBL per l’apprendimento delle scienze

Relatrice: Prof.ssa Angela Bassoli Università degli Studi di Milano
(Sintesi a cura di Tiziana Orsini)
La Prof.ssa Angela Bassoli, già nostra ospite per una interessantissima relazione sul senso del gusto, apre il suo intervento con il riferimento alla recente assegnazione del premio Nobel per la fisiologia e la medicina, a David Julius e Ardem Patapoutian per le loro scoperte sui recettori per la temperatura e il tatto.

Julius ha utilizzato la capsaicina, un composto pungente del peperoncino che induce una sensazione di bruciore, per identificare il sensore delle terminazioni nervose della pelle che risponde al calore. Patapoutian ha utilizzato invece cellule sensibili alla pressione per scoprire una nuova classe di sensori che rispondono a stimoli meccanici nella pelle e negli organi interni.
Le loro scoperte rivoluzionarie hanno permesso di capire come il calore, il freddo e la forza meccanica possono avviare gli impulsi nervosi che ci consentono di percepire e adattarci al mondo che ci circonda. "Questa conoscenza viene utilizzata per sviluppare trattamenti per un'ampia gamma di condizioni patologiche, compreso il dolore cronico” si legge tra le motivazioni.

Dunque il tatto, da sempre considerato come il senso più orfano perché più misterioso e difficile da capire, è stato recentemente riscoperto non solo a livello scientifico, ma anche nel nostro vissuto quotidiano dove, a causa della pandemia, ci è mancata la possibilità di abbracciarci o semplicemente di darci la mano.
Una sferzata storica: così la relatrice definisce una nuova consapevolezza nello studio e nella sperimentazione di nuovi metodi non solo nella ricerca, dove questo approccio è la normalità, ma anche nell’insegnamento dove invece l’approccio è molto più tradizionale anche se applicato alla didattica a distanza (DAD).


L’ esperienza vissuta in Sierra Leone dove era stata invitata a tenere un corso di chimica organica nella nascente facoltà di agraria è stata l’occasione per una prima riflessione su un possibile cambiamento di approccio all’insegnamento.
Infatti i ragazzi della Sierra Leone, pur con basi teoriche meno consolidate delle nostre, non hanno avuto alcuna difficoltà ad utilizzare i modellini fisici delle molecole con i quali veniva spiegata la composizione della materia.
Lo stesso metodo, applicato ai nostri studenti, si rivela molto più ostico probabilmente per l’abitudine all’utilizzo di strumenti bidimensionali come computer e mouse che in qualche misura pregiudicano la manualità.

D’altra parte se si analizza nel dettaglio la drammatica situazione dei Neet nel nostro paese, si scopre che una delle cause è la mancata formazione pratica ; oltre il 50% dei giovani italiani considera poco attrattivo il “vocational training” nella convinzione che questo tipo di formazione sia riservato a studenti poco brillanti o meno abbienti.
Questo pregiudizio in Germania e in generale nel Nord Europa non trova lo stesso riscontro e non solo per il conseguente quasi immediato inserimento nel mondo del lavoro.

Nel saggio “ L’uomo artigiano” il sociologo Richard Sennet dimostra come l’attività manuale non si affianca semplicemente all’attività teorica, ma crea altresì dei percorsi mentali diversi per cui l’apprendimento segue un percorso parallelo e complementare a quello che deriva dal semplice atto di leggere o di ascoltare.

La partecipazione ad un corso OBL (Object Based Learning) presso l’University College di Londra, tenuto dall’archeologo Prof. Thomas Kador dedicato agli oggetti di collezioni museali – prosegue la nostra relatrice – le ha consentito di approfondire una diversa metodologia di insegnamento basata sull’utilizzo degli oggetti per facilitare l’apprendimento profondo.
L’intero corso è stato realizzato on line, complice la situazione pandemica.
All’inizio del corso ad ogni studente è stato assegnato un oggetto che nel caso della Professoressa era un altorilievo in gesso.

L’approccio seguito è multi – livello:
- i materiali;
- strumenti e processi: “la chaîne Opératoire”;
- cultura e società: contestualizzare gli oggetti;
- gli oggetti e il loro valore etico e psico sociale;
- collezionare gli oggetti: quali, perché, fino a quando?
Seguendo l’impostazione multi livello si inizia dall’ analisi del materiale, appunto il gesso, del quale sono state riscoperte proprietà dimenticate dagli anni di studio, per proseguire con l’analisi della catena operativa ossia di tutto il processo che viene messo in atto per produrre l’oggetto. Si prosegue con la contestualizzazione dello stesso nel tempo e nella cultura dell’epoca per arrivare ad una definizione del valore etico sociale dell’oggetto stesso.

L’ oggetto è usato per stimolare l'immaginazione dello studente che arriva a crearne una sorta di biografia per aiutarlo ad applicare la sua comprensione ad altri contesti e problemi.
L’esperienza positiva di questo corso ha spinto la Prof.ssa Bassoli ad applicare la metodologia OBL anche all’ insegnamento delle scienze dure - hard science - e al mondo degli alimenti attivando una sperimentazione del metodo OBL nel corso di chimica organica utilizzando i modellini fisici delle molecole.

Ad inizio corso ad ogni studente è stata quindi assegnata una molecola: suscitando una comprensibile reazione di sorpresa, ma comunque positiva.
Seguendo l’approccio multi livello, settimanalmente venivano assegnate attività diverse sulla manipolazione della molecola e i risultati dovevano poi essere riportati su un diario.
Di settimana in settimana si approfondiva lo studio sulla molecola arrivando infine a tracciarne una biografia; la molecola veniva quasi descritta come una persona con una sua data di nascita, un suo aspetto fisico, una famiglia di appartenenza, un ruolo, una funzione, come si trasforma e dove finisce......

I ragazzi sono stati profondamente coinvolti nella costruzione della storia della propria molecola al punto che alla fine si è creato quasi un effetto “Tamagotchi”: in risposta ad un sondaggio alla domanda “Quale altra molecola avresti voluto?” è risultato che il 62% non l’avrebbe cambiata, il 5% l’avrebbe voluta più facile ma ben il 9% l’avrebbe voluta più difficile.

I risultati in termini di apprendimento sono stati eccezionalmente buoni, il metodo ha fatto presa sugli studenti; tutto il corso è stato tenuto in DAD a dimostrazione che se si sanno utilizzare bene le tecnologie e nuove forme di insegnamento/apprendimento si possono ottenere ottimi risultati.
Il metodo OBL si applica altrettanto bene agli alimenti.

Gli oggetti del cibo si possono osservare in modo molto ravvicinato: essi ricadono sotto tutti i nostri sensi e sono oggetti con i quali abbiamo il rapporto percettivo più ampio.

Già nel 1800 gli “oggetti” alimentari venivano esposti e osservati nel dettaglio come dimostra questa mela di cera parte di una collezione pomologica conservata all’Università di Milano che serviva agli agricoltori per un acquisto consapevole di alberi da frutto.
Nel concludere questa relazione che ci ha aperto la mente a nuove forme di insegnamento/apprendimento, la Prof.ssa Bassoli ci presenta due progetti dei quali è promotrice nell’ottica di far conoscere e diffondere questa nuova metodologia.
Il primo progetto, prettamente educativo, consiste nell’avviare una summer school con i colleghi dell’University College presso la Scuola di Studi Avanzati del lago di Como rivolta a studenti del dottorato di ricerca per spiegare come questo approccio può essere utilizzato per lo studio dei sistemi alimentari.

Il secondo progetto, più legato all’Università milanese, denominato “L’Università delle cose” ha l’obiettivo di portare la cultura degli oggetti materiali dall’Università alla popolazione intesa come scuole, mondo produttivo e dell’associazionismo.
Infatti l’approccio OBL può servire a coinvolgere delle minoranze con disabiltà in particolare per i non vedenti per i quali l’approccio tattile è fondamentale.

In conclusione si può davvero dire che
