Tour virtuale nella Milano della Street Art

a cura di MAART - Arch. Monica Torri -
 
 
Sintesi a cura di Tiziana Orsini
 
Con questa bellissima immagine che si trova nel quartiere Isola, nel cortile di accesso al locale Frida, inizia il nostro tour nella Street Art milanese. L’edera che compone i capelli è vera e l’inaspettata sorpresa è l’ubicazione vicino ai cassonetti della spazzatura.
 
 
 
Molto note, nello stesso quartiere, l’immagine poetica tratta dal Piccolo Principe di autore anonimo e l’immagine di Cappuccetto Rosso firmata da Massimo Mion.
In particolare nell'immagine dove Cappuccetto  Rosso accarezza il lupo, si evidenzia una delle caratteristiche dell’arte di strada e cioè il capovolgimento di significato a partire da un’immagine consolidata.
 
 
L’arte di strada così come la possiamo vedere in città è un’arte che interviene spesso su superfici non lecite e che altrettanto spesso le vandalizza. Le firme - tag graffiti- sono l’ esempio più semplice e comune di graffiti writing e rappresentano la manifestazione individuale di una rottura delle regole e della noncuranza delle leggi, fino al capovolgimento stesso del senso civico. Vengono realizzate nei posti più disparati, coprendo altre tag o sbeffeggiando i murales, e sono riconoscibili soltanto a chi le pratica, creando così una comunicazione strettamente riservata e autoreferenziale.
 
 
Non mancano però anche soluzioni innovative: ad esempio il grande orecchio è interessante in quanto una delle poche immagini tridimensionali. E'  in realtà una vera e propria scultura  che si trova in zona Porta Genova ad opera degli “Urban Solid”, artisti molto noti anche all’estero.
La scritta sulla targa fa riferimento alla quasi vera “leggenda metropolitana” secondo cui i nostri cellulari sono in realtà delle gigantesche orecchie che osservano i nostri movimenti.
Cos’è dunque la street art?
La domanda che ci si pone è se scrivere sui muri sia vandalismo o piuttosto una forma di comunicazione o sia arte al punto da diventare oggetto di un fenomeno turistico che vede i tour di street art sempre più numerosi.
Per cercare di inquadrare il fenomeno e capire qual è il passaggio tra vandalismo e opera d’arte la relatrice ci propone un breve excursus storico.
 
 
Nel 2007 viene organizzata a cura di Vittorio Sgarbi la mostra Street art–Sweet art presso il Padiglione di Arte Contemporanea con realizzazioni dell’artista bolognese Blu e Ericailcane.
Per la prima volta in un edificio pubblico sono esposte delle opere che normalmente nascono in esterno; questa mostra ha avuto il merito di far guardare l’arte di strada con occhi diversi non considerando dunque solo l’aspetto vandalico.
Il murales visto da lontano dà l’idea di una serie di fumetti, ma se ci avviciniamo e osserviamo i dettagli risulta evidente il messaggio di contestazione di una società corrotta e insensibile ad ogni bruttura.
 
        
 
L’ inizio della Street Art si può collocare tra la fine degli anni 60 e inizio 70 e si esprime come forma di contestazione con intento vandalico attraverso firme, ovviamente illeggibili se non agli “addetti ai lavori” che ricoprono muri di periferia e mezzi di trasporto.
 
 
Nel 1968 con il Maggio Francese si ha un’evoluzione della Street Art che si connota di messaggi politici attraverso opere realizzate da anonimi collettivi.
 
 
A partire dalla metà degli anni 70 iniziano ad apparire immagini figurative.
 
 
Il punto di riferimento è il muralismo, movimento pittorico che nasce dai grandi murales messicani realizzati all’inizio del 900 da Orozco e Diego Rivera; nel Messico post rivoluzionario gli artisti riscoprono il valore sociale dell’arte e le sue potenzialità comunicative e usano la pittura come stimolo per un reale cambiamento socio culturale.
E’un’arte collettiva a funzione comunicativa e didascalica che appartiene a chi la guarda indipendentemente dalla sua estrazione sociale.
 
 
Negli anni 80 questo fenomeno compare in Europa iniziando dall’Inghilterra dove si consoliderà quell’humus sul quale lavorerà Bansky. Il 1982 rappresenta una tappa fondamentale. A Kassel in Germania viene realizzata una mostra, Documenta 7, alla quale partecipa Jean Michel Basquiat, uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano che insieme a Keith Haring riesce a portare questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte.
 
 
Qualche anno dopo, nel 1989, proprio Keith Haring realizzerà a Pisa il primo murales italiano oggi peraltro tutelato dalle Belle Arti. In Italia, Milano e Bologna sono le città che meglio si sono prestate e si prestano alla diffusione di questa arte di strada: Milano perché da sempre crocevia di transiti e con uno sviluppo importante delle sue periferie e Bologna che deve invece il suo legame con il writing alla scuola D.A.M.S  che proprio in quella città ha rappresentato il primo esperimento italiano in ambito accademico di un intero corso di laurea dedicato ad argomenti come lo spettacolo, la musica e le arti in genere.
 
 
Nel nostro percorso di approfondimento della Street Art si possono identificare due aspetti più critici e due più positivi.
 
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L’ invasione degli spazi significa  appropriazione indebita  non solo di muri, ma anche di centraline, capannoni , case etc.. utilizzate per la creazione di immagini di forte dissenso.
 
 
Per tentare di regolamentare l’occupazione degli spazi dal 2015 è in vigore il cosiddetto “muro libero.
Il Comune di Milano mette a disposizione degli street artist 100 muri cittadini liberi, localizzati in 70 zone della città, sui quali gli artisti possono esprimersi liberamente. Per dipingere sui muri non occorre richiedere autorizzazione né pagare tariffe. I muri sono a disposizione di tutti; pertanto, è possibile esprimersi anche su murales già presenti. L’Amministrazione si riserva di far rimuovere eventuali scritte offensive a persone, religioni o organi di Stato. E’così che oltre a dare spazio alla creatività degli artisti, inizia anche una sorta di riqualificazione di spazi molto spesso degradati.
 
Ecco alcuni esempi:
 
 
Con il beneplacito delle Ferrovie si sono messi a disposizione spazi all’interno e all’esterno delle stazioni metropolitana con l’obiettivo anche di riqualificare alcune zone di passaggio.
 
  
 
La stazione di porta Garibaldi come si presentava prima dell’intervento degli artisti di strada e dopo.
 
 
Le opere sono state realizzate in pubblico (life painting) anche con l’intento di cambiare la percezione di chi le guarda consentendo quindi una maggior coinvolgimento e partecipazione dei passanti.
 
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Molto interessante l'esperimento attuato, sempre nel quartiere Isola, che ha visto  la realizzazione di un lungo murales ad opera degli studenti del liceo artistico Boccioni  sul tema “Spegni la TV e comincia a pensare”.
L’obiettivo di RFI e Comune che hanno gestito l’operazione è stato non solo di dipingere e dunque riqualificare una parte del tunnel, ma anche e soprattutto di indirizzare e canalizzare la creatività dei ragazzi.
 
 
ll secondo elemento di criticità è quello della contestazione: frange giovanili e zone periferiche sono i due ingredienti base che trovano il loro habitat naturale nei centri sociali.
 
 
L’ingresso del centro come si presentava poco tempo fa; tra le firme sono presenti gli Orticanoodles e il già citato Blu.
 
 
Nella zona di Greco sui muri di una vecchia fabbrica si trova il murales eseguito dal collettivo Volks Writerz una firma che spesso ricorre nelle zone dei centri sociali.
I Volks Writerz sono una crew, rappresentano cioè gruppi di artisti che potremmo considerare eredi delle band degli anni 50; in questo caso è una crew aperta, dunque non con un nucleo precostituito, dove artisti diversi concorrono alla rappresentazione in modo assolutamente spontaneo.
La parte centrale dell'immagine rimanda a una delle fotografie di Milano liberata, unitamente ad un monumento alla Resistenza.
 
 
Questa immagine che mostra una omologazione di massa, interrotta da un solo uomo nudo con una pianta, si trova nella zona della Conchetta (Naviglio). Il dipinto è stato realizzato da Blu che nel 2011 è stato riconosciuto dal Guardian uno dei più importanti writers al mondo.
 
 
Un altro luogo di fortissima contestazione non solo per la presenza di un centro sociale ma anche per un gruppo di case popolari in buona parte occupate si trova sempre sul Naviglio Pavese in Via Gola da cui il nome del Centro sociale "Cuore in Gola".
 
 
Il murales del Ponte di Via Gola , realizzato nel 2015, rappresenta  Roberto Franceschi (ucciso nel 1973 durante una manifestazione in Bocconi) e  Michael Brown (ucciso nel 2014 da alcuni poliziotti); oggi non esiste più in quanto la forte contestazione della forza pubblica non poteva essere accettata dalle Istituzioni che hanno di conseguenza provveduto alla cancellazione.
 
 
 
Anche la successiva immagine -  realizzata sulla precedente cancellata - che, a partire da una fotografia reale, riproduceva una situazione di sfratto è stata a sua volta cancellata e sostituita da una terza immagine  che, attraverso un messaggio più “scherzoso”, rimanda comunque ad un forte messaggio sociale riprendendo il  IV Stato di Pelizza da Volpedo come si può notare nel riquadro sottostante.
 
 
Senza dubbio uno degli aspetti positivi dell’arte di strada è la riqualificazione di alcune zone; proprio sui ponti del Naviglio pavese sono stati realizzati nel 2014 una serie di interventi sulle quattro testate dei ponti.
 
 
Si possono apprezzare realizzazioni di Pao (Paolo Bordino), riconoscibile per i suoi pinguini, come altri interventi  di artisti internazionali tra i quali SeaCreative, Mork e, ancora tra gli italiani, Marco Teatro che proprio sul ponte di Via Gola ha realizzato una sorta di squalo che sembra mangiarsi l’ignaro passante che scende dalle scale.
La riqualificazione, prevalentemente attuata in zone periferiche o degradate, conosce una importante eccezione. Sul muro di cinta adiacente la Chiesa di San Lorenzo  - pieno centro di Milano -  su iniziativa del parroco, artisti di strada hanno realizzato un lungo murales dove si  raccontano alcune tappe della storia di Milano.
 
 
 
Un ulteriore aspetto positivo della street art riguarda la condivisione: rientrano in questa categoria opere che vogliono trasmettere ai chi le guarda messaggi che tendono a far riflettere su temi che sollecitano la coscienza collettiva.
 
 
Ad esempio su indicazione del WWF nel Giardinetto della Cultura in Brera si trova la rappresentazione di grandi animali quasi tutti in via di estinzione (Open the cage).
 
 
 
Opere di condivisione e di grande riflessione sono anche quelle che troviamo alla Fabbrica del vapore alle quali ha contribuito l'artista  Nais una delle poche donne dell’arte di strada. Toccante è  il murales che rappresenta Khaled al-Asaad il direttore del sito archeologico di Palmira decapitato dall’Isis, oggi onorato al Giardino dei Giusti.
 
 
Una menzione particolare meritano "Le scaglie di Ivan",  brevi messaggi che si possono trovare all’interno di opere più grandi o in solitaria e che sono disseminati un po' in tutta la città (anche dove non si potrebbe) sempre con un obiettivo pedagogico.
Sopra alcune "Scaglie" alla fermata Bonola della Metropolitana.
 
 
La storia di Milano dipinta sui muri di un quartiere. Un museo a cielo aperto, accessibile a tutti, gratuito. E’ OR.ME Ortica Memoria: 20 opere di arte urbana tra le più grandi in Italia, realizzate dal collettivo di artisti Orticanoodles. 
Ogni murale racconta una storia del Novecento milanese. E’ un progetto che nasce nel quartiere Ortica, che vanta un’anima storica di secoli.
L’idea è partita nel 2015, nel 70° anniversario della Liberazione, quando, grazie all’iniziativa spontanea delle associazioni del quartiere, si è realizzato sul cavalcavia Buccari il primo murales: Le parole della Libertà. E poi sono seguite le altre opere, che hanno visto la partecipazione attiva e spontanea di centinaia di giovani e di cittadini della zona.
Per citare solo alcuni dei personaggi raffigurati, troviamo il cardinal Ferrari con il partigiano Morandi, le donne partigiane, Dario Fo, Nanni Svampa e Enzo Jannacci (che cantava della Banda dell’Ortica), e ancora Lea Garofalo, Giorgio Ambrosoli e Carlo Alberto Dalla Chiesa, per la rassegna dedicata alla Legalità. Non mancano lo sport e la cultura, con Camilla Cederna e Alda Merini, accanto ad Anna Kuliscioff e Liliana Segre, sopravvissuta agli orrori dei lager nazisti. 
 
Scultura, pittura e street art in un’unica opera.
 
 
Lo scultore Edoardo Tresoldi  e l’artista Gonzalo Borondo sono gli autori  dell’ultima installazione presso l’Università Bicocca di Milano dove hanno portato a termine “Chained“, un’opera a tecnica mista che interagisce con l’architettura del luogo in cui è stata prodotta. Sulla facciata rossa dell’edificio, sono ritratte cinque figure maschili che si abbracciano tra loro e lungo la parete si scorge la figura di un uomo, in realtà una la scultura. che si fonde perfettamente con il dipinto sottostante.
L’uomo, intento a scavalcare, si solleva oltre il muro aiutato dalla spinta fornita dal gruppo di giovani dipinti alla base. Pittura e scultura si mescolano perfettamente tra loro arrivando a definire un pezzo che sottolinea come uno sforzo collettivo e una cooperazione possa aiutare a raggiungere obiettivi e a superare ostacoli di ogni genere.
 
 
La relazione si chiude con la famosa frase di Bansky sulla capacità che un muro ha di essere un'arma molto potente.
 
In ogni caso, la Street Art, volendo qui includere anche le tag, resta e resterà sempre un’espressione provocatoria, destinata ad essere preservata in alcuni contesti ed essere cancellata in altri, sarà commissionata e perseguita nello stesso tempo.
Se così non fosse, Banksy non avrebbe distrutto la sua opera messa all’asta, proprio perché non voleva che fosse considerata arte. Molti artisti vengono apprezzati per quello che realizzano in periferia, nelle stazioni ferroviarie e metropolitane, alcune opere vengono commissionate in appositi spazi, altre, anche se spontanee, sono preservate perché accettate dai residenti, ma molte, soprattutto le tag, espressione di firme provocatorie sono destinate all’oblio.