E’ recentissima la notizia che D-Orbit, eccellenza italiana nei servizi di logistica e di trasporto spaziale, entra in Borsa a Wall Street.  La compagnia si quoterà al Nasdaq con la Spac Breeze Holdings Acquisition Corp per un controvalore di 1,28 miliardi di dollari.
Come investitore ci sarà anche “The Charles F. Bolden Group, organizzazione fondata dall’ex amministratore della Nasa, il generale della marina militare Charles Bolden.
Obiettivo del gruppo è promuovere la leadership per il progresso globale della scienza e della sicurezza nelle aree dell’esplorazione spaziale/aereospaziale, sicurezza nazionale, formazione su scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, oltre ad arte e design (Stem + AD). 
Con questa straordinaria premessa Luca Rossettini, fondatore della Scale up D-Orbit, ci introduce nell’affascinante mondo della Space Economy e della geniale intuizione che in 10 anni ha portato la sua azienda ad essere leader a livello mondiale nel settore della logistica spaziale.
La sua passione per lo spazio e il desiderio di diventare astronauta sono state le motivazioni che hanno portato nel 2011 alla fondazione di D-Orbit, partita, come la maggior parte delle startup, praticamente da zero.
Il suo modello di business è fondato sulla logistica spaziale e i servizi di trasporto industriali forniti in particolare con il proprio carrier Ion,  (In orbit now), che può trasportare più satelliti in orbita rilasciandoli però in fasi distinte, riducendo così il tempo di raggiungimento della posizione operativa fino all’80% e i costi di un’intera costellazione di satelliti del 40%.
Ma il vero obiettivo di lungo termine, la mission, è che la creazione di questa infrastruttura sia al servizio di quello che verrà dopo, in funzione di una vera e propria espansione della civiltà umana nello spazio.
Per comprendere la natura del successo di questa azienda è importante conoscere come è cambiato il settore spaziale, in particolare il percorso che è stato fatto negli ultimi 5 anni.
 
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La maggior parte delle persone ha un concetto dello spazio che risale a circa 60 anni fa.
Per 60 anni lo spazio è stato prevalentemente “governativo” come succede inizialmente per tutte le innovazioni tecnologiche ma, negli ultimi anni, si è assistito all’ingresso dei privati.
Si prevede che nei prossimi 10 anni saranno lanciati più di 78.000 satelliti (fonte ESA): siamo di fronte ad una nuova corsa allo spazio tra aziende commerciali che niente hanno a che vedere con la passata competizione tra USA e URSS.
Questo nuovo mercato che da 500 trillion $ passerà a un 1.4 trillion $ in meno di 10 anni è partito grazie a tre principali fattori:
 
1) la miniaturizzazione che consente la costruzione di satelliti che stanno nel palmo di una mano (le immagini che troviamo su Google Maps sono scattate da 160 satelliti costantemente in orbita)
 
 
 
2) la crescita dell’interesse verso lo spazio
 
 
 
3) entrata del capitale privato
 
Richard Brenson è stato il primo a voler creare una costellazione di satelliti ossia gruppi di satelliti che cooperano per erogare servizi: nelle sue intenzioni la costellazione avrebbe dovuto contenere 900 satelliti che sarebbero stati in grado di far arrivare Internet anche nelle zone più remote del nostro pianeta.
 
 
 
Dopo Brenson, Ellon Mask ha creato Space -X la prima azienda commerciale ad avere un lanciatore per portare in orbita i satelliti e infine Jeff Bezos: tutti plurimiliardari entrati nel business dello spazio.
 
 
 

Cosa significa dunque New Space oggi?

 
  
 
Ci sono aziende che vogliono estrarre dagli asteroidi materie prime, altre che stanno pensando di creare dei capannoni nello spazio da affittare ad esempio ad hotel.
Robert Bigelow fondatore della catena “Budget suites” vorrebbe creare una catena di Motel in orbita (un edificio è già in orbita)
 
 
 
e poi c’è il turismo spaziale o  aziende nel business dei funerali in orbita. Una start up italiana “Rest in space” offre la possibilità di lanciare in orbita cofanetti pregiati con i propri ricordi o addirittura aziende che offrono un viaggio su Marte con un biglietto di sola andata per il quale ci sono state oltre 10.000 domande!
 
Ma, aldilà di queste curiosità che, seppur vere, sono ai limiti della fantascienza, oggi lo spazio serve in primo luogo per una serie di servizi atti a migliorare la vita sulla Terra tra i quali, solo per citarne alcuni:
 
Fornire Internet a tutti,
 
 
 
servizi all’agricoltura: ad esempio dall’orbita è possibile sapere dove irrigare con un enorme risparmio di acqua, o dove spargere i diserbanti per ridurre l’inquinamento, o dove coltivare per massimizzare il risultato del territorio.
 
 
 
Attivare una comunicazione di base per popolazioni che non hanno alcun accesso al telefono o SMS
 
 
 
ma non solo, lo sviluppo dei satelliti renderà più sicuro il traffico aereo, marittimo e non ultimo il monitoraggio del traffico.
 
 
le tecniche normali non bastano più per gestire situazioni come questa immagine che mostra l'ingresso in Pechino dall'autostrada.
 
ma anche monitorare disastri naturali.
 
Uno dei satelliti lanciati da D-Orbit nel 2017 aveva a bordo un sistema in grado di inviare un messaggio di emergenza direttamente sul cellulare nel momento in cui tutte le reti cellulari fossero saltate.
 
trovare acqua sotto i deserti,
 
 
L’ infrastruttura che dovrebbe sostenere questa grande quantità di satelliti in continuo aumento è stata inventata 60 anni fa e dunque oggi non è più sufficiente: di qui l’idea di D-Orbit di fornire una infrastruttura di logistica spaziale sul modello della logistica di trasporto terrestre quale DHL
 
Cosa offre oggi D-Orbit?
 
Il core business è il trasporto di satelliti, ma offre anche servizi avanzati agli operatori satellitari utilizzando gli stessi satelliti lanciati in orbita.
 
 
E’ in fase di creazione la prima infrastruttura cloud in orbita al servizio dei satelliti con lo scopo futuro di aggiungere ulteriori servizi per chi opera in orbita.
Uno degli obiettivi è portare i satelliti intorno alla Luna, ma l’ambizione è di arrivare ad una vera e propria rete di logistica che connetta Marte, la fascia degli asteroidi, la Luna e la Terra con dei servizi di trasporto e servizi evoluti che consentano di fare business come costruire veicoli direttamente in orbita, fare mining degli asteroidi per estrarre materiali e trasportare beni, servizi e persone da un corpo celeste all’altro.
 
Ma quali sono le fasi per lanciare questi satelliti?
 
 
Innanzitutto occorre avere a disposizione un razzo e il tempo per averlo disponibile varia da uno a due anni (attualmente ci sono 60 aziende al mondo che stanno costruendo nuovi razzi); non si lancia più come in passato un singolo satellite, ma tanti piccoli satelliti molto meno costosi (circa 1milione di $).
 L’esigenza di lanciare più satelliti contemporaneamente consente, se disposti correttamente, di avere accesso a tutto il mercato sulla Terra e soprattutto, essendo poco costosi e avendo una vita media di 2 o 3 anni, ogni tre anni sarà possibile cambiare la tecnologia con un costo paragonabile ad uno scavo in una città per la fibra ottica; al termine della vita del satellite, dovendo cambiare orbita, occorrerà trovare un nuovo lanciatore.
Risulta evidente pertanto che manca un servizio di base che è appunto coperto dal servizio di logistica D-Orbit a che si propone, come già precedentemente indicato, come una sorta di DHL dello spazio.
 
 
Dunque “il cargo” camioncino è un satellite completo che è possibile riempire con i satelliti dei clienti: una volta in orbita i satelliti dei clienti vengono rilasciati dove richiesto.
In poche settimane si portano i satelliti in posizioni completamente diverse con un risparmio per i clienti dell’85% del tempo dal lancio al fatturato e un 40% di riduzione dei costi del rilascio di tutti i satelliti; inoltre gli stessi clienti propongono a D-Orbit nuovi utilizzi e servizi dell’infrastruttura.
Oltre ai satelliti il cargo può portare in orbita tecnologie delle aziende clienti da testare in orbita; questo servizio è rivolto soprattutto alle startup dello spazio che se dovessero testare in orbita con un canale tradizionale le loro tecnologie, necessiterebbero da 2 a 5 anni con un costo da 3 a 6 milioni di $. Il servizio, iniziato nel 2017, è offerto in abbonamento a startup e anche ad istituzioni che possono così mettere a bordo la loro tecnologia in pochissimo tempo poiché D-Orbit ha molti voli ricorrenti.
L’Idea si è rivelata vincente con l’ulteriore vantaggio di essere costantemente aggiornati sulle nuove tecnologie e, se necessario, poter utilizzare le migliori al proprio interno ottenendone un grande vantaggio competitivo su futuri competitor.
Non ultimo questo servizio è fornito a costo zero in quanto il costo della missione è stato pagato dai satelliti che vengono portati in orbita.
Un altro servizio è quello del cloud computing in orbita: il cargo ha a bordo un suo server che resta in orbita e consente di aiutare a ottimizzare l’elaborazione dei dati dei satelliti in orbita.
 
 
La prossima fase è quella dell’ in orbit servicing cioè di aggiungere un braccio robotico al cargo per  lavorare con i satelliti che sono già in orbita per aumentarne la vita, per spostarli in altre posizioni, ma soprattutto per rimuoverli quando non servono più, rimuovendo l’immondizia spaziale.
D-Orbit è stata tra le prime aziende a portare sul mercato un prodotto che consente di rimuovere un satellite arrivato a fine vita – immagine del numero di satelliti lanciati prima dell’ingresso della parte commerciale – cioè fino al 2013.
I satelliti si muovono con una velocità da 20.000 a 30.000 km/h e lasciare in orbita quelli in disuso, visto il loro aumento esponenziale, diventa un problema complesso non solo per un problema ambientale ma per lo stesso business in quanto eventuali collisioni creano frammenti che possono distruggere altri satelliti.
Recuperare i satelliti non più utilizzabili significa recuperare materia prima preziosa che un domani potrebbe essere riciclata in orbita per produrre veicoli spaziali direttamente in orbita riducendo enormemente i costi. Inoltre questi sarebbero molto più leggeri non essendo più necessario il lancio da Terra: nelle previsioni del relatore questo potrebbe accadere al massimo nei prossimi 12, 15 anni.
D-Orbit ha la propria sede centrale a Fino Mornasco (CO), una sede in UK, una in Portogallo che si occupa di software e un hub commerciale negli USA.
L’azienda ha un organico di oltre 160 persone; sia la progettazione che la produzione sono realizzate quasi completamente in Italia, dove c’è anche una sala controllo missioni.
Anche il software è di proprietà D-Orbit.
In questa fase di “startup del mercato “– continua il relatore- è interessante notare come la collaborazione prevalga sulla competizione: con grande lungimiranza, nell’ ottica di irrobustire questo nuovissimo mercato, D-Orbit non ha esitato a prendere a bordo clienti di probabili futuri competitor in grave difficoltà nei mesi passati.
 
 
Non ci stupisce quindi come un altro elemento fondamentale del modello di business di D-Orbit sia di essere la prima azienda spaziale al mondo certificata B-Corp, una benefit corporation, dunque con attenzione alla sostenibilità, al contesto sociale e al benessere dei dipendenti e non solo al profitto, al bilancio e ai dividendi riservati agli azionisti.
E’ importante sapere che l’Italia dal 2015 è il primo paese al mondo, dopo gli USA, ad avere una legge che ha consentito alle società profit di trasformarsi in società benefit.
 
 
Comunque sia, conclude il relatore, per quanto l’umanità potrà espandersi nell’Universo, la nostra casa resterà la Terra, che  vista da Marte , è un puntino blu che è però tutto quello che abbiamo che ci consente di vivere e che ci consentirà un giorno che la stessa foto venga scattata dal vivo e per questo dobbiamo prenderci cura della nostra “astronave” Terra e  lo spazio potrà aiutarci nell’ottenere i risultati auspicati nelle seguenti parole di Ban Ki-moon:
 
"Saving our planet, lifting people out of poverty, advancing economic growth....these are one and the same fight. We must connect the dots between climate change, water scarcity, energy shortages, global health, food security and women's empowerment. Solutions to one problem must be solutions for all".