
Il relatore Dott. Aldo Citterio, tra i vari incarichi Presidente degli Amici del Poldi Pezzoli, si propone di dimostrare con una sintesi di immagini attraverso i secoli, come i due mondi dell’arte e dell’artigiano vadano a convergere.
Stralci della relazione a cura di Tiziana Orsini
Premessa
Fino al Medioevo, introduce il Presidente Oldani, la distinzione tra artista e artigiano non esisteva: l’artigiano era colui che creava usando le proprie mani e quindi anche pittori e scultori erano considerati artigiani.
Il significato cambiò intorno all’età del Rinascimento in Europa: l’arte come espressione creativa e concettuale a cui tutto è concesso laddove all’artigiano viene associato il lavoro manuale e al quale nulla o molto poco è concesso.

Nella prima immagine, “La bottega di un orefice” - 1370 ca” - tempera su tavola del Maestro della Madonna della Misericordia - si nota come in realtà, a quell’epoca, non si trattasse di una bottega vera e propria, ma piuttosto di un luogo aperto alla vista nel quale gli artigiani svolgevano il loro lavoro.


Già nella seconda immagine di un secolo dopo, Petrus Christus Bruges 1449, ritrae una quotidiana situazione professionale e mostra un gioielliere all'opera nella sua bottega.
Una coppia di fidanzati sta scegliendo l'anello nuziale e il maestro sta soppesando alcuni esemplari per definirne il prezzo. Sul banco dell'orefice si vedono una cinghia rossa, gli strumenti del mestiere e alcuni gruzzoletti di monete, dai riflessi brillanti.
L’orafo con l’aureola è Sant’Eligio, il patrono degli orafi.
Nell'angolo in basso a destra si trova uno specchio convesso, che permette di vedere cosa accade fuori dalla porta della bottega……antesignano delle moderne telecamere (!).
Probabilmente questa era già una bottega chiusa.

Passano altri 100 anni.
Il dipinto di Alessandro Fei 1570 ca., descrive “la bottega dell’orefice” come un luogo in cui lavorano tanti artigiani che si cimentano su materiali diversi con alla base il requisito fondamentale: il disegno.

Con un salto indietro nel tempo, alla fine del 1200, il relatore ci mostra l’immagine di un preziosissimo calice realizzato da Guccio di Mannaia per papa Niccolò IV.
Viene utilizzata la tecnica della Basse-taille, tecnica di produzione dello smalto vitreo il cui utilizzo, sottolinea il relatore, dimostra che furono proprio gli artigiani, orafi, ebanisti, smaltatori a recepire per primi “le nuove tendenze” presenti in Europa.
Dunque gli stimoli internazionali non arrivano sempre necessariamente attraverso quelle che venivano chiamate “le arti maggiori” – pittura, scultura, architettura.

Tornando a metà del Cinquecento, la notissima saliera di Benvenuto Cellini - artista maledetto - offre lo spunto al relatore per ricordare che Cellini, bravissimo orafo, era anche scrittore e autore, oltre che della sua celeberrima autobiografia, di un trattato sulla scultura e di uno sull’oreficeria.


Ancora nel Rinascimento i due fratelli Piero e Antonio Pollaiolo (il soprannome deriva, secondo una consuetudine fiorentina, dal mestiere del padre che non era orafo, ma pollivendolo per sua dichiarazione) oltre che eccellenti pittori erano dei grandi orafi. Il candelabro in argento venne realizzato nella stessa bottega dove si realizzò la celebre Dama a dimostrazione di come la “bottega” fosse una fucina all’interno della quale diverse persone lavoravano con diversi materiali.

A metà del 1500, Giorgio Vasari, pittore e scrittore, fu il primo storico dell’arte italiano autore delle prime biografie artistiche raccolte nel volume “Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori”.
Egli crea una divisione (che si concretizzerà alla fine del 500) fra quelle che verranno chiamate arti maggiori – pittori, scultori e architetti – e quelle cosiddette minori.
Tutti coloro che lavoravano il legno, il vetro, l’avorio, la maiolica, l’oro… erano chiamati non più artisti ma artigiani: non a caso, nelle biografie degli artisti, non figura un orafo, un intagliatore…
Questa divisione durò per secoli almeno fino agli anni 80 del secolo scorso dove ancora nelle Università si studiavano le arti minori.


E proprio nel secolo scorso, nel 1917 si arriva a Marcel Duchamp e alla sua Fontana Ready made (l’opera non fu mai esposta al pubblico e andò successivamente perduta) con la quale l’artista provocatoriamente separò definitivamente il legame tradizionale che vi era fra l'opera e il suo valore, rompendo quindi tutte le barriere.


Anche Calder, geniale scultore famoso per l'invenzione di grandi sculture di arte cinetica chiamate mobile, si applica manualmente all’arte orafa utilizzando anche altri metalli quali l’ottone.
La gorgiera di Calder nell’immagine ricorda quelle del 1600 dipinte da Rubens.


Nemmeno gli esperti di gioielli modernisti avevano idea del fatto che Picasso lavorasse a queste opere. Nell’immagine un ritratto di Dora Maar in inchiostro e matita di colore di Picasso incastonato in anello in oro giallo intagliato e fascia in smalto policromo, c. 1936-1939.
Dopo la morte di Dora Maar nella sua casa sono stati trovati ciondoli, spille, orologi e anelli, meravigliose cornici in cui l’artista aveva inserito dei ritratti in miniatura, fondamentalmente ritratti di Dora Maar.


Lucio Fontana e il suo bracciale “concetto spaziale con taglio”

Spilla di Arnaldo Pomodoro

con il quale il relatore chiude la carrellata con l’immagine della sua opera più conosciuta, il WC d’oro massiccio che battezza con il nome America (offerta in dono a Donald Trump).
L’opera viene esposta nel 2019 al Blenheim Palace nell’Oxfordshire (ex residenza dei Churchill) e rubata il giorno prima dell’esposizione.
Gli autori del furto sono stati individuati solo 4 anni dopo, ma l’opera probabilmente era stata fusa subito.
Davvero l’ultimo esempio di come le barriere sono state tutte abbattute.
Il mio auspicio, conclude il relatore, è che sia stato compreso come arte, alto artigianato, artigianato sono tutte espressioni artistiche validissime nella qualità che viene trasmessa agli altri.